3 dicembre 2011

FILM AL CINEMA - "Miracolo a Le Havre" ("Le Havre") di Aki Kaurismaki

"Miracolo a Le Havre" è un film molto rappresentativo di quel cinema che può "aiutare a vivere". E' una storia di marginali, raccontata con lo stile inconfondibile dell'autore finlandese, che trasfigura una realtà chiaramente contemporanea in poesia sospesa in un tempo indefinito. Merito di un'accurata ricerca visiva (a partire da scenografia e costumi), di una regia che indugia volutamente su ambienti e situazioni, di un ritmo che procede per brevi stazioni narrative, di personaggi ben caratterizzati (dai protagonisti ai ruoli di contorno), di dialoghi secchi ed aforistici, di un incisivo contrappunto musicale.
La sofferenza c'è (l'emigrazione, la povertà, la malattia) ed è rappresentata a tratti anche con piglio realistico ma il film apre alla speranza, lasciando l'ultima parola alla solidarietà ed al miracolo sottolineato dal titolo italiano, così da collocare implicitamente la vicenda narrata all'interno di un orizzonte spirituale. L'unica perplessità potrebbe destarla il rischio di un'eccessiva idealizzazione ma l'opera si colloca dichiaratamente nell'universo della fiaba. Una fiaba che tocca corde profonde raccontando quasi sottovoce.
Pier

3 commenti:

  1. direi che tutte e tre le recensioni mi hanno fatto voglia vedere.... i trailer :), e bravo il nostro giornalista :)

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  2. ...grazie :) buona visione dei trailer :)

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  3. Come non far correre la memoria a quell'altra fiaba di marca italiana "Miracolo a Milano" di De Sica del 1951 ? Sicuramente l'utopia di quello non convinse all'epoca nè pubblico nè critica, mentre Kaurismaki veste di maggior veridicità i suoi eroi marginali e scolpiti a tutto tondo, anche con un solo paio di inquadrature o battute abbozzate (i personaggi del bar La Moderne).
    Riesce a scaldare il cuore, a dare speranza e fiducia alla solidarietà tra i più deboli,anche grazie a quell'insolito commissario che forse, preso da qualche rimorso che riaffiora nel colloquio con la proprietaria del bar,non perde mai la sua umanità che lo separa dalle istituzioni spesso operanti al di fuori di qualsiasi analisi critica delle situazioni e dei comportamenti individualistici.

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